Cassazione civile Sez. II sentenza n. 15005 del 29 maggio 2024

Nel contratto di agenzia, il diritto di esclusiva ex art. 1743 c.c. costituisce elemento naturale e non essenziale del rapporto, potendo essere validamente derogato dalle parti sia con clausola espressa che mediante comportamenti concludenti. La clausola che riserva al preponente la facoltà di trattare direttamente con determinate categorie di clienti (come società di ristorazione collettiva, enti pubblici e “clienti direzionali”) non si configura come condizione meramente potestativa e non è quindi nulla, qualora l’individuazione dei “clienti direzionali” non sia rimessa all’arbitrio unilaterale del preponente ma sia ancorata a criteri oggettivi ricavabili dal contesto contrattuale, come l’omogeneità con le altre categorie espressamente indicate. La validità di tale deroga all’esclusiva deve essere valutata anche alla luce del comportamento complessivo delle parti e dell’effettiva esecuzione del rapporto, verificando se l’agente abbia operato con una tipologia di clientela ben definita e diversa da quella riservata al preponente. Non integra gli estremi della condizione meramente potestativa la clausola che, pur consentendo al preponente di trattare direttamente con determinati clienti, non svuoti di significato il contratto né consenta di sottrarre all’agente un numero indefinito o la totalità dei clienti. L’interpretazione della portata di tali clausole derogatorie dell’esclusiva deve essere condotta secondo i normali canoni ermeneutici, tenendo conto sia del dato letterale che del comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla conclusione del contratto.