Cass. sez. lav., 30.8.2004, n. 17350 – Mancata iscrizione al ruolo – Conseguenze

(Omissis) La direttiva 86/653/Cee del 18 dicembre 1986, secondo quanto si legge nella sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 30 aprile 1998, C-215/97, mira ad armonizzare il diritto degli Stati membri per quanto riguarda i rapporti giuridici tra le parti di un contratto di agenzia commerciale. In tale prospettiva essa osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in un apposito albo. A norma dell’art. 1, n. 2, della stessa direttiva, la qualifica di agente commerciale è riconosciuta alla persona “che, in qualità di intermediario indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra persona la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente”. Non vi sono serie ragioni per ritenere che la direttiva riguardi esclusivamente gli agenti che si occupano di merci in senso materiale, e che per contro lasci privi di protezione giuridica gli agenti che trattano beni di natura diversa, come i prodotti finanziari. Peraltro, questi ben possono essere considerati merci, soggetti come sono ad operazioni di scambio nei mercati mobiliari. Va comunque considerato che le norme del Trattato (artt. 59-66) riguardano non solo lo scambio di merci, ma anche “la libera prestazione di servizi”. Inoltre, la direttiva ha avuto attuazione in Italia con il d.lgv. 10 settembre 1991 n. 303 che all’art. 2 prevede espressamente che l’agente possa trattare non solo beni in senso stretto, ma anche servizi (“Il preponente deve porre a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati…”), norma trasfusa nel nuovo testo dell’art. 1749 c.c. Ed ancora, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza 6 marzo 2003 C-485/01, ha ritenuto – sia pure per affermare che nella fattispecie sottoposta al suo esame la legge italiana, nel richiedere per l’iscrizione (facoltativa) al registro delle imprese la previa iscrizione nel ruolo degli agenti di commercio, non pone ostacoli alla libera attività dell’agente – che la ripetuta direttiva 86/853/Cee appresta tutela anche a favore dell’agente di commercio “per la vendita di spazi pubblicitari”, ossia dell’agente che faccia da intermediario per la prestazione di beni immateriali, di servizi, e non di merci nel senso voluto dalla ricorrente incidentale. Per quel che attiene all’efficacia diretta della direttiva in questione, limitata ai rapporti verticali (Stato-cittadini), va rilevato che la Corte di giustizia (sent. 12 luglio 1990 C-188/89) ha affermato che “delle disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva possono venire invocate dagli amministrati nei confronti di organismi o di enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra i singoli. In ogni caso dette disposizioni possono essere invocate nei confronti di un organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato con un atto della pubblica autorità di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e che dispone a questo scopo di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti tra singoli”. È quindi venuta affermandosi nell’ordinamento comunitario una nozione di organismo pubblico che abbraccia un ambito più ampio di quello comprendente la pubblica amministrazione in senso stretto (Cass. 23 gennaio 2002 n. 752; 5 dicembre 2003 n. 18642). Comunque, nella specie è dirimente il rilievo che l’Enasarco, già ente pubblico, è stato privatizzato a seguito del d.lgs. n. 509 del 1994, quindi successivamente al periodo 1981-1992 che interessa la presente controversia. Infine, la portata della direttiva 86/853/Cee è segnata dalla interpretazione che ne da la giurisprudenza della Corte di giustizia, vincolante per tutte le autorità (giurisdizionali o amministrative) degli Stati membri, anche ultra partes. Poiché ai sensi dell’art. 164 del Trattato spetta alla Corte di giustizia assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del medesimo trattato, se ne deve dedurre che qualsiasi sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria ha indubbiamente carattere di sentenza dichiarativa del diritto comunitario, nel senso che la Corte di giustizia, come interprete qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il significato con le proprie sentenze e, per tal via, ne determina, in definitiva, l’ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative (Corte Cost. 113/85; Cass., sez. un., 3 ottobre 1997 n. 9653). (Omissis)