Patto di non concorrenza e recesso unilaterale

L’art. 1751-bis, contiene una serie di requisiti affinché il patto sia valido, ma nulla di specifico è detto in relazione all’ipotesi in cui parte preponente intenda rinunciare al patto di non concorrenza.

In via preliminare, è importante evidenziare la natura del patto di non concorrenza che, altro non è se non un contratto, secondo la definizione che ne dà la legge: l’accordo di due parti per regolare fra loro un rapporto giuridico patrimoniale (cfr. art. 1321 cod. civ.).

Da tale contratto, avente come tale forza di legge (art. 1372 c.c.),  conseguono precise obbligazioni in capo alle parti.

Quanto al preponente, egli ha l’obbligo di corrispondere la relativa indennità all’agente, mentre per quanto concerne l’agente, la sua obbligazione principale consiste in un “non fare”, ossia nell’omettere l’attività concorrenziale.

Il secondo comma del citato articolo 1751-bis, prevede uno stretto collegamento tra il sorgere del diritto all’indennità e l’accettazione del patto di non concorrenza: “l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale”.

Ne deriva che, qualora il patto di non concorrenza sia inserito nel testo del contratto di agenzia, il diritto all’indennità sorge nel momento stesso della sua conclusione e non in relazione all’effettivo adempimento dell’obbligo di non concorrenza da parte dell’agente, anche se tale diritto diviene esigibile soltanto al momento della cessazione del rapporto.

Tale circostanza assume particolare rilievo nel caso in cui la società preponente, al momento della cessazione del rapporto di agenzia (o anche nel corso dello stesso) intenda liberare l’agente dall’obbligo di non concorrenza e non corrispondergli quindi la relativa indennità.

Il diritto all’indennità, difatti, è già sorto con la semplice accettazione del patto di non concorrenza, pertanto sembrerebbe oltremodo discutibile che la rinuncia della società preponente ad avvalersi del patto possa essere validamente manifestata senza un espresso consenso dell’agente.

Il consenso dell’agente diviene un requisito necessario sia per la validità della rinuncia, sia per la conseguente esclusione del diritto al compenso, in quanto tale diritto è sorto già al momento dell’accettazione del patto.

Il Tribunale di Milano, pronunciandosi in materia di patto di non concorrenza, ha disposto la nullità di una clausola inserita dalle parti all’interno di un patto di non concorrenza, che attribuiva al datore di lavoro la facoltà di recesso unilaterale del patto (cfr. Tribunale di Milano, 25 luglio 2000, in Il Lavoro nella giur., 2001, 287).

Anche negli Accordi Economici Collettivi del Settore Commercio siglati il 16 febbraio 2009 è stato introdotto il principio secondo il quale il patto di non concorrenza post contrattuale potrà essere pattuito soltanto al momento dell’inizio del rapporto di agenzia con esclusione di ogni successiva possibilità di variazione unilaterale.