La violazione dell’esclusiva

In assenza di un diverso accordo, per la cui validità non si richiede alcuna forma predeterminata, l’osservanza dell’esclusiva costituisce un preciso obbligo posto a carico di entrambi i contraenti, la cui violazione integra una inadempienza contrattuale con conseguente diritto della parte non inadempiente di ottenere la risoluzione del contratto e, ai sensi dell’art. 1218 c.c., il risarcimento dei danni.

La violazione di tale  diritto è peraltro subordinata all’inosservanza degli obblighi espressamente previsti dall’art. 1743 c.c. e consistenti per quanto attiene il preponente, nel dovere di non valersi contemporaneamente di più agenti <<nella stessa zona>> e per lo <<stesso rami di attività>> mentre, per quanto riguarda l’agente, nel corrispondente dovere di non assumere l’incarico di trattare <<nella stesa zona e per lo stesso ramo>> gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.

Affinchè, dunque, possa realizzarsi una inadempienza contrattuale sia da parte del preponente che dell’agente non è sufficiente che il preponente si avvalga di più agenti né che l’agente svolga la propria attività promozionale per conto di più imprese concorrenti, ma occorre altresì che l’attività in tal senso esercitata sia diretta a favorire la conclusione, nell’ambito di una <<stessa zona>>, di affari attinenti ad uno <<stesso ramo>>.

Il che equivale a dire che l’attività così esercitata deve svolgersi all’interno dell’ambito territoriale oggetto dell’esclusiva o, comunque, con riferimento a determinate categorie di clienti, qualora l’esclusiva sia stata intesa dalle parti in senso soggettivo e, inoltre, che l’attività medesima consista nella promozione di affari relativi a prodotti omogenei e destinati alla medesima clientela.

L’espressione <<stesso ramo di attività>>  – o <<ramo di commercio>>, secondo la regolamentazione collettiva (così AEC 20.6.56; AEC 13.10.58 che richiama l’art.2 dell’AEC 30.6.38; AEC 19.12.79; AEC 24.6.81 nonchè i recenti AEC del 2002) – non deve dunque essere interpretata in senso lato, ricomprendendo l’intero settore commerciale o industriale nel quale opera il preponente, ma tenendo conto delle caratteristiche dei singoli prodotti della clientela cui gli stessi sono rivolti.

Valgono, a tal proposito, le precisazioni contenute nell’art. 2, Chiarimento a verbale, dell’AEC 16.11.88, AEC 9.6.88 nonchè dell’AEC 1.12.89 ( e mantenute nei vigenti AEC del 2002), laddove si stabilisce <<che è da escludersi la possibilità di concorrenza quando l’incarico conferito all’agente o rappresentante riguardi generi di prodotti che per foggia, destinazione e valore d’uso siano diversi e infungibili>>.

Perchè possa ritenersi perfezionata una violazione dell’esclusiva da parte dell’agente (come anche del preponente), non è perciò sufficiente l’appartenenza dei prodotti considerati al medesimo settore merceologico, occorrendo altresì che gli stessi, sulla base di un loro esame globale, che tiene conto della loro tipologia come anche delle esigenze della clientela finale, si presentino dotati di un carattere di intercambiabilità concretantesi in una loro sostanziale sovrapposizione.

In altri termini occorre che i prodotti si presentino come confondibili e tali da poter essere indifferentemente sostituiti l’uno con l’altro.

Principio, questo , affermato dalla giurisprudenza di Cassazione nel punto in cui osserva: <<l’identità di ramo di affari, nel vietare all’agente la trattazione di affari per conto di più imprenditori in concorrenza tra loro, non può essere definita come identità assoluta di beni prodotti o commercializzati, come se bastasse ad escluderla una qualsiasi differente caratteristica dei prodotti dell’una impresa rispetto a quella dell’altra. Occorre invece aver riguardo ai soggetti, i quali, in un determinato contesto temporale e locale, ma tenendo presente la prevedibile evoluzione dei bisogni, su cui incide quella dell’offerta, possono o potranno rivolgersi all’una impresa piuttosto che all’altra, sicchè queste debbano considerarsi tra di loro concorrenti, con la conseguenza che l’una può ricevere danno dall’ingresso e dall’espansione dell’altra sul mercato cui entrambe si rivolgono, o prevedibilmente si rivolgeranno>> (Cass.Civ.Sez. Lav., 2.7.87, n.5776).