ENASARCO: danno per omessa contribuzione

Tutta una casistica giurisprudenziale è dedicata al problema della prevedibilità del danno subito dall’agente di commercio in conseguenza della omessa contribuzione previdenziale da parte della ditta preponente.

La fattispecie, all’origine degli interventi giurisprudenziali succedutisi nel tempo, può riassumersi nel modo seguente.

Il primo regolamento del fondo di previdenza degli agenti e rappresentanti di commercio, che praticamente costituiva l’inizio di una vera e propria attività previdenziale dell’ENASARCO, venne emanato con il d.m. 10.9.62.

L’istituzione di un Fondo previdenza presso l’ENASARCO seguiva all’estensione erga omnes degli accordi economici collettivi 20.6.56 e 13.10.58, in base ai quali il trattamento di previdenza e l’indennità di risoluzione del rapporto hanno avuto separata ed autonoma disciplina.

Anteriormente all’accordo economico collettivo 20.6.56, il trattamento di previdenza stabilito dall’art. 12 dell’accordo economico collettivo 30.6.38 assorbiva il trattamento dovuto in caso di risoluzione del rapporto, previsto dagli artt. 8, 9, 10 e 11 del citato accordo.

E’ quindi solo con il d.m. 10.9.62 che venivano compiutamente disciplinate le prestazioni previdenziali corrisposte dall’ENASARCO, con la previsione di un pensione all’agente che avesse superato i 60 anni di età.

Da qui il sorgere di tutta una serie di questioni collegate al problema della risarcibilità del danno subito dall’agente, conseguente ad un mancato o inferiore trattamento pensionistico, quando l’omissione dei versamenti contributivi si riferiva a periodi in cui il trattamento pensionistico per gli agenti di commercio non era ancora stato realizzato.

Sulla base della consolidata intepretazione dell’ art. 1223 c.c., secondo cui l’inadempimento comporta il diritto al risarcimento di quei danni che, in ossequio al principio della regolarità causale, ne siano conseguenza immediata e diretta e, al tempo stesso, presentino il carattere della prevedibilità, la giurisprudenza è progressivamente giunta alla conclusione che nell’ipotesi di mancato versamento dei contributi previdenziali previsti dagli accordi economici, verificatisi anteriormente al sorgere di detta disciplina del trattamento pensionistico, tra i danni risarcibili non possono essere considerati, appunto in quanto non prevedibili, quelli corrispondenti ad un mancato o inferiore trattamento pensionistico.

Non mancano, però, sentenze che si discostano da tale indirizzo, giungendo, così, a riconoscere all’agente, in quanto prevedibile, il danno da questi subito per il mancato versamento dei contributi previdenziali anche in relazione al periodo anteriore al citato d.m. 10.9.62.

Ne è di esempio una pronuncia del ‘85, con la quale la Cassazione ha affermato che, nel caso di omesso versamento dei contributi all’ ENASARCO da parte della ditta preponente per periodi anteriori all’introduzione normativa del trattamento pensionistico, avvenuta con d.m. 10.9.62, il danno subito dagli agenti di commercio, consistente nella perdita o riduzione del trattamento previdenziale, è risarcibile anche se non era prevedibile al momento dell’inadempimento del debitore (Cass. 5.11.85, n.5381).

Queste le motivazioni, dalle quali, sia pure incidentalmente, attraverso un obiter dictum, emerge la non prevedibilità del danno per mancato versamento dei contributi previdenziali antecedenti al citato d.m. e la conseguente loro risarcibilità.

“Con sentenza 19.7.82, n.4236 questa Corte, sul rilievo che la prima previsione normativa del trattamento pensionistico per il personale de quo è contenuta solo nel d.m. 10.9.62 ha ritenuto che non fosse prevedibile il danno da omesso versamento dei contributi ENASARCO costituito dalla perdita totale o parziale della pensione da questo ente erogata, dovendosi ritenere effetto normale ed ordinario della suddetta omissione all’epoca in cui questa fu posta in essere soltanto il venire meno della garanzia del pagamento dell’indennità di risoluzione.

Ma nella fattispecie è ultroneo il riesame dell’intera normativa, sufficiente essendo il breve riassunto della problematica di cui sopra, giacchè, anche se non prevedibile, il danno, così come qui specificato, va in ogni caso risarcito.

L’art. 1225 c.c., invero, stabilisce che <<il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione>> solo <<se l’inadempimento o il ritardo non dipendono da dolo del debitore>>.

Ma nel caso concreto sia il pretore sia il tribunale hanno accertato l’esistenza del dolo nel comportamento omissivo del Consorzio.

Si legge, in particolare, nella sentenza di secondo grado che viene condiviso il convincimento del pretore circa la dipendenza del danno da dolo del debitore, in quanto il mancato versamento dei contributi in violazione dell’obbligo di legge, costituente anche inadempimento contrattuale ex art. 1374 c.c., fu voluto con la consapevolezza di arrecare danno all’agente, che non avrebbe potuto usufruire del trattamento previdenziale, facendo apparire, con l’apposizione della fittizia clausola limitativa della vendita <<ai piccoli consumatori>>, che non sussistevano le condizioni per l’assolvimento dell’obbligazione dell’obbligazione contributiva.

Il tribunale, a rafforzare tale opinione, aggiunge che l’omesso dei contributi non poteva non ritenersi preordinato a non far conseguire al Rovere il futuro trattamento pensionistico (…) e quindi ad arrecargli consapevolmente un correlativo danno, argomentazione che qui rileva solo al fine di constatare che il tribunale ha chiaramente inteso ribadire la sussistenza del dolo nella fattispecie, statuizione questa in fatto che non ha formato oggetto di rilievi in questa sede sotto il profilo di una carenza o di una illogicità della motivazione.

Tale accertamento fa dunque stato in questa sede sotto il profilo di una carenza o di una illogicità della motivazione”

Tale orientamento è stato, però, completamente disatteso dalla giurisprudenza successiva e, in particolare dalle Sezioni Unite (23.10.1986, n. 6216), le quali, affermando la non prevedibilità del danno conseguente agli inesistenti o insufficienti versamenti contributivi, afferenti al periodo anteriore all’entrata in vigore del d.m. 10.9.62, hanno stabilito:

“In merito all’azione risarcitoria, che venga esperita da un agente di commercio contro il proponente per omissioni contributive in favore dell’ENASARCO, implicanti perdita o riduzione del trattamento pensionistico introdotto con il d.m. 10 settembre 1962, la questione inerente alla prevedibilita’ del danno, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1225 c.c., integra un profilo di diritto, non una mera valutazione di fatto, se e nei limiti in cui la prevedibilita’ medesima sia ricollegabile alle norme che regolano il trattamento assicurativo degli agenti di commercio. Pertanto, qualora l’omissione contributiva sia anteriore alla data della suddetta introduzione della pensione, quella prevedibilita’ deve essere esclusa, in via di diritto, alla stregua dell’interpretazione della normativa previgente, costituita dagli accordi collettivi del 30 giugno 1938, del 20 giugno 1956 e del 13 ottobre 1958, aventi vigore “erga omnes”, atteso che questi attribuivano all’assicurato un trattamento sostanzialmente non esorbitante dall’indennita’ di fine rapporto contemplata dall’art. 1751 c.c. (sia pure obbligatoriamente trasformata in forma previdenziale), e che, quindi il successivo sistema pensionistico non e’ qualificabile come una semplice e prevedibile evoluzione di tale pregresso trattamento”

E questo è l’indirizzo seguito anche dalla giurisprudenza successiva.

Così, come si legge in Cass. 12.6.87, n.5190,

“un vero e proprio trattamento pensionistico in favore degli agenti e rappresentanti di commercio è stato istituito soltanto con il d.m. 10.9.62, cui hanno fatto seguito la l. 22.7.66, n.613 ed il d.p.r. 30.4.68, n.758, mentre gli accordi economici collettivi del 30.6.38, seguito dal regolamento di precidenza del 5.1.39, e del 13.10.58, dichiarato efficace erga omnes con d.p.r. 26.12.60, n.1842, pur definiti previdenziali, contemplavano in realtà un trattamento di fine rapporto, giacchè le prestazioni economiche riconosciute all’agente da tali accordi non costituivano erogazioni periodiche e maturavano indipedentemente dall’età, sicchè non potevano assimilarsi alle prestazioni di un’assicurazione contro il rischio di vecchiaia; consegue che nel regime dei citati accordi non era prevedibile, e quindi non è risarcibile ex art. 1225 c.c., il danno che dall’omissione contributiva sarebbe in seguito derivato all’agente una volta introdottto, a partire dal 1962, il suddetto trattamento pensionistico di vecchiaia”

E ancora, come afferma Cass.14.11.89, n. 4814, qualora l’ omissione contributiva ENASARCO comportante la perdita o la riduzione del trattamento pensionistico riguardi periodi anteriori al d.m. 10 settembre 1962 e successive modifiche, il giudizio sulla prevedibilità del danno ex art. 1225 c.c. va risolto negativamente alla stregua dell’interpretazione della normativa previgente (accordi 30 giugno 1938, 20 giugno 1956 e 13 ottobre 1958, aventi vigore erga omnes) la quale attribuiva all’agente un trattamento ex art. 1751 c.c. non avente natura pensionistica, di talché il successivo sistema pensionistico non può essere qualificato come una semplice e prevedibile evoluzione del pregresso trattamento (Cass. 14.11.89, n.4814)