Attività di mediazione

1. L’attività di mediazione può essere svolta da chiunque?

No.
Infatti, mentre la L. n. 272/1913 aveva liberalizzato l’attività di mediazione, con la conseguenza che, almeno in linea di principio, chiunque poteva svolgere, sia professionalmente che occasionalmente, opera di mediazione, principio del resto ribadito dalla L. n. 253/1958, il legislatore italiano, intervenuto nuovamente sulla materia con la L. n. 39/1989, ha abrogato la legislazione precedente ed ha introdotto un regime completamente nuovo per effetto del quale la mediazione, allo stato attuale, è un’attività non solo “protetta”, ma anche “esclusiva”.

2. Può configurarsi l’ipotesi della “mediazione a favore di terzo”?

Si.
In particolare, essa si verifica quando l’incarico viene conferito al mediatore da un soggetto terzo, il quale ha interesse a che altre persone concludano tra loro un dato affare e che quest’ultimo venga successivamente perfezionato grazie all’intervento del mediatore: in giurisprudenza, infatti, si legge che “accanto al rapporto di mediazione “tipico” è configurabile un rapporto di mediazione “atipico” a favore di un terzo, che ricorre allorché l’attività intermediatrice sia svolta in favore di un soggetto diverso da colui il quale ha conferito il relativo incarico, in quanto anche un terzo – purché abbia un interesse pure solo morale o affettivo a che altri concluda un affare – può validamente richiedere al mediatore di svolgere la sua opera, obbligandosi a corrispondere l’eventuale provvigione” (Cass., 11.12.2002, n.17628, Giust.Civ., 2003, I, 2785).

3. E’ requisito caratteristico del contratto di mediazione il “carattere necessariamente pluridirezionale dell’attività di mediazione” ?

Si.
Infatti, poiché il mediatore agisce mettendo in relazione due o più parti ai fini della conclusione di un affare, ne consegue che la sua opera riguarda sempre almeno due possibili contraenti. Ciò, tuttavia, non significa che la mediazione implichi necessariamente l’instaurazione di un rapporto giuridico tra il mediatore e ciascuna delle parti dell’affare, cioè il c.d. requisito della “bilateralità dell’affare”, né che il mediatore debba avere contatti diretti con ciascuno dei probabili contraenti: al contrario, questo dimostra soltanto che l’opera del mediatore tende sempre a realizzare un accordo o meglio un affare a contenuto economico tra almeno due persone.

4. E’ requisito caratteristico del contratto0 di mediazione la necessità di un contatto diretto tra il mediatore e almeno una delle parti dell’affare?

Sì.
Infatti, la giurisprudenza tende ad escludere che sussista la fattispecie contrattuale della mediazione e che, quindi, possa essere considerato un “mediatore” colui che si sia limitato semplicemente a segnalare l’affare ad un’altra persona, la quale, in seguito, abbia provveduto personalmente a ricercare il contraente ed a stabilire il contatto tra le parti, in tal modo assumendo effettivamente la qualità di mediatore: ne consegue che il c.d. “segnalante” non ha alcun diritto alla provvigione, la quale spetta unicamente “a chi abbia prestato effettivamente l’opera di mediazione e, quindi, abbia cooperato a mettere in relazione i soggetti del contratto principale” (Cass., 4.02.2000, n. 1233, FI, 2000, I, c. 1602).

5. L’attività di mediazione è compatibile con altri impieghi di natura pubblica o privata nonché con l’iscrizione ad altri Albi od Ordini?

No.
Poiché, infatti, finalità principale della legge n. 39/1989 sembra, appunto, essere quella di riservare l’esercizio dell’attività di mediazione ad operatori in possesso di rigorosi requisiti di idoneità, sia professionale che morale, l’attività di mediazione è diventata anche “esclusiva”, nel senso che il suo svolgimento è incompatibile con impieghi pubblici e privati nonché con l’esercizio di altre attività, siano esse di lavoro autonomo o dipendente, oltre che con l’esercizio in proprio del commercio relativo alla specie di mediazione che si esercita o che si intende esercitare.