Cass. civ. sez. II, 20.10.2021, n.29164 – Fatto imputabile della preponente – Riduzione degli affari dell’agente
(…) 1.3. L’assoggettabilità della vicenda negoziale del rapporto di agenzia alla disciplina enucleata all’art. 2119 c.c. è stata ulteriormente ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale, pur rimarcando le differenze ontologiche esistenti tra il rapporto di lavoro e quello di agenzia, ha esteso a quest’ultimo, per analogia, il rimedio civilistico del recesso per giusta causa, ritenendo che, nel rapporto di agenzia, la regola dettata dall’art. 2119 c.c. deve essere applicata tenendo conto della diversa natura del rapporto rispetto a quello di lavoro subordinato nonché della diversa capacità di resistenza che le parti possono avere nell’economia complessiva dello stesso; in tale ambito, il giudizio circa la sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di recesso deve essere compiuto dal giudice di merito, tenendo conto delle complessive dimensioni economiche del contratto e dell’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, assumendo rilievo, in proposito, solo la sussistenza di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente, tanto da non consentire la prosecuzione, “anche provvisoria”, del rapporto (Cassazione civile sez. lav., 19/01/2018, n. 1376).
1.4. Al fine di meglio definire il concetto di “giusta causa di recesso”, questa Corte, sez. L, con sentenza n. 7567 del 2014, ha precisato che costituisce giusta causa di recesso da parte dell’agente di commercio la circostanza che la preponente con il proprio comportamento determini la drastica riduzione degli affari dell’agente e della sua zona di competenza. Nella menzionata pronuncia è stato espresso il principio secondo cui nel caso in cui il preponente diminuisca drasticamente il portafoglio clienti dell’agente e conseguentemente il suo fatturato sia ravvisabile un profilo di colpa nella mandante e, quindi, l’esistenza della giusta causa di recesso.
1.5. In definitiva, come correttamente osservato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni, la facoltà potestativa di riduzione unilaterale del portafoglio clienti, riconosciuta dall’art. 2 dell’Accordo Economico Collettivo, incontra comunque i limiti della correttezza e della buona fede.
1.6. Sul punto, va segnalata la decisione di questa Corte (Cassazione civile sez. lav., 02/07/2015, n. 13580), in cui si affronta la questione relativa alla compatibilità con i principi di buona fede e correttezza della riduzione dell’88% del portafoglio clienti da parte di Telecom. Afferma la Corte il motivazione: “E’ pur vero che tale unilaterale variazione è espressamente consentita dalla suddetta clausola collettiva, sicché l’esercizio di un diritto potestativo riconosciuto al preponente dalla contrattazione collettiva potrebbe non essere tale da determinare una giusta causa di recesso da parte dell’agente, così come è vero che tale variazione (che entro 30 gg. l’agente abbia dichiarato di non voler accettare) è considerata equipollente, per espressa volontà delle parti collettive, ad una comunicazione di preavviso di recesso da parte della casa mandante. Tuttavia, essa è stata di entità tale da risultare contraria ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., astrattamente applicabili pure a fronte dell’esercizio di diritti potestativi (cfr. Cass. n. 9924/09). Invero, come questa Corte Suprema ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. 5467/2000, richiamata anche dalla gravata pronuncia) con indirizzo cui va data continuità, nel contratto di agenzia l’attribuzione al preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare quelle relative all’ambito territoriale e alla misura delle provvigioni, può essere giustificata dalla necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come si sono modificate durante il corso del tempo. Ma, affinché ciò non si traduca in un sostanziale aggiramento della forza cogente del contratto, è necessario che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, che sia esercitato dal relativo titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede. Nella vicenda in oggetto, la clausola invocata dalla società ricorrente, se applicata anche a variazioni manifestamente eccessive delle condizioni contrattuali, tali da risultare di fatto inaccettabili, finirebbe con l’alterare la causa stessa del contratto di agenzia, ponendo l’agente nell’oggettiva impossibilità di proseguire il rapporto anche soltanto in via provvisoria”.
1.7. Alla luce della cornice giurisprudenziale summenzionata, se ne ricava la correttezza dell’orientamento espresso dalla corte distrettuale, la quale, nell’ambito dell’indagine avente ad oggetto la sussistenza dell’inadempimento contrattuale denunciato dall’ agente, ha ravvisato nella condotta tenuta dall’odierna parte ricorrente (preponente) – sostanziatasi nell’arbitraria riduzione del portafoglio clienti affidato da quest’ultima all’agente – gli estremi di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza tale da non consentire la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto.
1.8. Appurata, dunque, l’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, la corte ha concluso per la legittimità dell’esercizio, da parte dell’agente, del diritto potestativo del recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. (…)