Agenzia e lavoro subordinato: i criteri distintivi

Il prevalente carattere autonomistico cui risulta improntata l’attività dell’agente di commercio ( e dal quale consegue la sua stessa individuazione quale imprenditore commerciale) costituisce il criterio guida sul quale si fonda la distinzione tra agenzia e lavoro subordinato, dove la prestazione di energie lavorative si attua in un regime di subordinazione nell’ambito di un’organizzazione il cui rischio e risultato ricadono esclusivamente in capo al datore di lavoro.

L’aspetto centrale del contratto di agenzia è costituito proprio <<dall’ autonomia assoluta dell’ esercizio professionale rispetto all’attività del preponente e dall’assunzione del rischio economico inerente alla propria attività da parte dell’agente>>.

Il suo intervento consiste in <<un’attività organizzata ed indipendente posta in essere dallo stesso agente per realizzare quello stabile rapporto di collaborazione in cui si sostanzia la finalità obiettiva per la quale il negozio di agenzia ha avuto vita>>, risultando quindi evidente che oggetto della prestazione è un risultato economico che rientra nella sfera economico giuridica dell’agente, e in ciò essenzialmente si distingue dal contratto di lavoro subordinato che ha per oggetto le energie lavorative che il collaboratore pone a disposizione dell’imprenditore per cui il risultato ed il rischio dell’attività rientrano esclusivamente nella sfera dell’imprenditore stesso ed il collaboratore versa in una situazione di dipendenza economica>> (Cass. 10.1.84, n.182).

Diversamente accade nel rapporto di lavoro subordinato.

Qui sussiste una <<continuativa disponibilità’ del lavoratore alle determinazione del datore di lavoro, il quale puo’ emanare ordini veri e propri, che vincolano il prestatore d’opera, sottoponendolo al potere disciplinare ed organizzativo in senso stretto dell’imprenditore medesimo,>> nel rapporto di agenzia il committente <<puo’ esercitare controlli e vigilanza al fine di accertare la corrispondenza del risultato dell’attivita’ dell’agente alle pattuizioni convenute e pretendere la coordinazione, per il tempo ed il luogo di esecuzione del contratto, con le sue necessita’>>  (Cass. 5.12.88, n. 6616; v. anche Cass.13.12.82 n. 6857; Cass. 10.1.84, n.183; Cass. 2.2.88, n.984).

Criterio, questo, seguito dalla giurisprudenza in numerose occasioni.

Così, con riferimento al caso specifico di un “ispettore di vendite” di autoveicoli, le cui mansioni consistevano nell’organizzare la rete dei concessionari, si è ritenuto questi rivestire la qualifica di lavoratore autonomo ex art. 2222, 1742 e 1743 c.c., in quanto prestava servizio presso la sede dell’azienda (ove si recava saltuariamente), non era assoggettato a sanzioni disciplinari, non era sottoposto a vincoli di orario, aveva libertà di itinerari, ampio margine di scelta della clientela, sopportava le spese per i viaggi, le trasferte, la corrispondenza e l’organizzazione di un proprio ufficio.

Tali modalità, si è osservato,  <<indicano infatti la  mancanza  dei   requisiti  della collaborazione,   intesa  come   inserimento  del   lavoratore  nella struttura  dell’impresa,   nonche’  della  dipendenza   gerarchica  e disciplinare  (o  subordinazione),  e  sono  indicative  della  piena autonomia di azione  del lavoratore, che svolge  la propria attivita’ senza  vincoli  di  impiego  del  proprio  tempo  e  con  il  rischio economico  attinente all’esercizio  della vendita  degli autoveicoli, non ricevendo  una retribuzione  minima garantita ma  essendo esposto al pericolo dell’insolvenza  degli agenti da lui  controllati. Ne’ la clausola  di esclusiva  e  l’obbligo di  conformarsi alle  istruzioni dell’azienda sono  elementi determinanti per qualificare  il rapporto come di  lavoro subordinato, trattandosi di  requisiti previsti dalla legge anche per il contratto di agenzia>> (Cass.10.4.79 n. 2078).

Con riguardo ad una diversa ipotesi, si è precisato che <<la sussistenza di un rapporto di agenzia e’ compatibile con la preposizione dell’agente alla conduzione di un punto di vendita, ancorche’ tale collocazione comporti, a carico dell’agente medesimo, l’obbligo di svolgere mansioni di apertura e chiusura dei locali, di esposizione, conservazione e vendita della merce, di rendimento dei conti. L’esistenza di un vincolo di subordinazione e’ ravvisabile soltanto nel caso in cui le operazioni sopra esposte rivelino l’assenza, a carico dell’agente, di ogni rischio inerente all’attivita’ esercitata nonche’ la sua sottoposizione ad un penetrante potere direttivo esercitato dal datore in merito all’utilizzo delle energie lavorative del dipendente>> (Trib.Biella 3.7.82, RIDL, 1983, II,285).

Ai fini dell’identificazione del rapporto fondamentale si rivela, quindi, la disamina delle concrete modalità di attuazione dell’attività.

Modalità che devono in ogni caso mostrarsi svincolate da quel carattere direttivo e disciplinare cui risulta assoggettato il lavoratore subordinato (al datore di lavoro) e che si riassumono nell’assoggettamento dell’agente al rischio dell’attività.

Fondamentale è dunque l’indagine volta alla ricerca di una effettiva subordinazione dell’agente al preponente (e quindi al datore di lavoro).

Solo la verifica di ciò comporterà l’inevitabile assoggettamento del prestatore d’opera alla relativa disciplina del lavoro subordinato.

Carattere essenziale del comportamento dedotto in obbligazione dal prestatore di lavoro dipendente (e perciò carattere distintivo tra l’agenzia e il lavoro subordinato) è infatti proprio la subordinazione.

Essa consiste, propriamente, nel particolare rapporto che si instaura tra il lavoratore subordinato e il datore di lavoro, in virtù del quale quest’ultimo dirige l’attività del primo decidendo così, in concreto, i possibili modi di svolgimento della prestazione.

In quanto giuridicamente rilevante ai fini della delimitazione della fattispecie e quindi non semplicemente indicativa di una generica situazione di soggezione in senso economico, la subordinazione qualifica dunque l’attività di lavoro dipendente come attività posta a disposizione del datore di lavoro al quale compete di determinarne le modalità di attuazione, sia esercitandolo direttamente sia attraverso altri dipendenti collocati nell’impresa in una posizione gerarchicamente superiore, scolpendo così una sicura delimitazione della figura del contratto di lavoro rispetto ai diversi tipi di contratto di lavoro autonomo, come l’agenzia (Saracini, Toffoletto 1996, 154 e ss.).

Ma, se ciò è indubbio, attuale permane però la questione di quando e in quali casi debbano ravvisarsi gli estremi della subordinazione.

Subordinazione che va desunta da un insieme di elementi qualificanti.

Tali sono, a titolo esemplificativo:

(1) L’oggetto della prestazione;

(2) Il termine tecnico di assunzione usato al momento della costituzione del rapporto;

(3) La garanzia di una retribuzione minima correlata al tempo delle prestazioni;

(4) Il riconoscimento di spese di rimborso;

(5) L’ esistenza di precise, continue e inderogabili disposizioni delle modalita’ delle prestazioni quali: (a) obbligo di relazioni; (b) fissazione del numero di esse; (c) insindacabilita’ di talune delle disposizioni impartite; (d) presenza di ordini su ferie e permessi; (e) disposizioni relative ad incombenze diverse dall’oggetto del rapporto; (f) determinazione delle modalita’ delle visite.

A questi si aggiungono:

(6) L’obbligo di visitare quotidianamente le zone stabilite dall’imprenditore; dalla mancanza di un apprezzabile margine di scelta della clientela;

(7) L’itinerario prestabilito dall’imprenditore stesso;

(8) Il rischio a carico del datore di lavoro;

(9) La mancanza di un proprio ufficio o di una propria organizzazione e dall’uso di quella del datore di lavoro;

(10) La prestazione esclusiva, o almeno prevalente, della propria attivita’ lavorativa alle dipendenze dell’imprenditore.

(11) L’esercizio del potere disciplinare da parte della preponente;

(12) Lo sviluppo di carriera stabilito dalla direzione.