Messa in relazione
La qualità di mediatore come anche la configurazione dello stesso rapporto mediatorio presuppongono lo svolgimento di un’attività materiale, consistente, come emerge dalla nozione accolta nell’ art. 1754 c.c., nella messa in relazione delle parti.
Per sua definizione, il rapporto di mediazione si fonda sull’espletamento di una precisa prestazione realizzata dal mediatore, consistente nel rendere possibile, con il suo intervento, l’avvicinamento delle parti interessate alla conclusione dell’ affare.
Avvicinamento che, a seconda delle modalità in cui si compie, può assumere diverse connotazioni ma che comunque, in ogni caso, deve esistere, assumendo esso medesimo una vera e propria efficacia causale rispetto a quello che è l’affare che si andrà a concludere.
Certo è che la prestazione del mediatore può anche esaurirsi nel ritrovamento e nella indicazione di uno dei contraenti, sempre che tale indicazione si riveli efficace al fine della conclusione dell’affare come anche può consistere nella intromissione fra soggetti che stiano già trattando, sempreché l’intervento sia accettato e sia determinante per la positiva conclusione delle trattative, qualunque sia la natura delle difficoltà che esso mediatore contribuisca a superare agevolando la realizzazione dell’affare.
La centralità, nella identificazione giuridica della mediazione, dell’attività di messa in relazione della parti realizzata dal mediatore porta, quindi, inevitabilmente a far ritenere sussistente un rapporto di mediazione ogniqualvolta si assista ad un siffatto intervento.