Tentativo di conciliazione e ricorso per ingiunzione

Ormai non più attuale, stante la facoltatività del tentativo di conciliazione introdotta dalla legge 183/2010, è la questione dell’applicabilità del tentativo, all’epoca obbligatorio, di conciliazione al procedimento per decreto ingiuntivo come disciplinato dagli artt. 633 e ss. c.p.c.

Secondo quanto si leggeva nella giurisprudenza di merito pareva che anche siffatta procedura fosse assoggettata al tentativo obbligatorio di conciliazione (così di recente Trib. Napoli 1.10.2002, in Diritto e Giustizia, 2002, 41, 64, Trib. Chieti 28 marzo 2000, in PQM, 2000, f, 1,58).

Al riguardo si osservava però che la Corte Costituzionale 13.7.2000, n. 276 (in http://www.giurcost.org) aveva escluso siffatta obbligatorietà. E ciò in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione era strutturalmente legato ad un processo fondato sul contraddittorio.

Sua funzione, si leggeva nella motivazione, era quella di consentire alle parti di “incontrarsi” in una sede stragiudiziale, prima di adire il giudice, al fine di eventualmente comporre la vertenza. Ne derivava la conseguente estraneità da tale previsione di quei casi in cui il processo si debba svolgere in una prima fase necessariamente senza contraddittorio, come accadeva per il procedimento per decreto ingiuntivo.

Ad avviso del Giudice delle leggi non avrebbe avuto quindi senso imporre, nella fase pregiurisdizionale relativa al tentativo di conciliazione, un contatto fra le parti che invece non era richiesto nella fase giurisdizionale ai fini della pronuncia del provvedimento monitorio.