Cass. sez. lav., 17.6.2016, n. 12616 – Agente di commercio – Impresa familiare – IRAP

La presenza di un collaboratore familiare e, in definitiva, l’esistenza di una impresa familiare sono sufficienti per configurare un’attività imprenditoriale assoggettata ad IRAP. Questo pur in presenza di beni strumentali di valore esiguo. In questi termini si orienta la Cassazione con l’ordinanza n. 12616 del 2016.

Il dato costituito dalla presenza di un familiare è sintomatico in sé di quell’attività autonomamente organizzata necessaria ai fini dell’avveramento del presupposto dell’IRAP. Anche in presenza di beni strumentali di valore esiguo, paga l’IRAP l’agente di commercio che ha costituito un’impresa familiare per l’esercizio della propria attività e che si avvale di un collaboratore familiare, cui viene corrisposto il 47% del reddito d’impresa. Con l’ordinanza n. 12616 del 17 giugno 2016, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la presenza di un collaboratore familiare basta per configurare un’attività imprenditoriale assoggettata ad IRAP.

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di stabilire (Cass. n. 10777/2013; Cass. n. 1537 e 22628 del 2014) che deve ritenersi soggetto ad IRAP l’imprenditore commerciale titolare di una impresa familiare, afferendo l’IRAP “non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi” ed integrando la collaborazione dei partecipanti quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore, o valore aggiunto, rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo del titolare.