Contratto d’agenzia – Forma
Antecedentemente all’entrata in vigore del d.leg.vo 303/91, il codice civile non dettava alcuna disposizione sulla forma del contratto di agenzia.
In base al principio generale della libertà di forma, si riteneva che tale contratto potesse quindi essere validamente stipulato anche verbalmente, come poi già avveniva nella pratica commerciale.
Un preciso riferimento alla forma era, invece, contenuto negli accordi economici collettivi i quali prevedevano espressamente che all’atto del conferimento dell’incarico all’agente o rappresentante dovessero essere precisati per iscritto, oltre al nome delle parti, <<la zona assegnata, i prodotti da trattarsi, la misura delle provvigioni e compensi, la durata, quando questa non sia a tempo indeterminato>>(AEC 20.6.56, art. 2; AEC 24.6.81, art. 2; AEC 19.12.79, art. 3; AEC 24.6.81, art. 2); formula, questa, poi ripresa anche dai più recenti AEC 2002, del 2009 (commercio) e del 2014 (industria, artigianato, confapi).
Ma anche qui si tratta di disposizioni che non sanciscono la necessità della forma scritta del contratto di agenzia (Baldi 1997, 160).
Al riguardo la giurisprudenza aveva affermato il principio in forza del quale, pur in mancanza di una forma scritta, doveva però ritenersi <<ugualmente valida l’esecuzione volontaria del contratto, la conferma di esso e la sua ricognizione volontaria>>, come pure la possibilita’ di ricorrere alla <<confessione ed al giuramento, dovendosi escludere unicamente la possibilita’ della prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento) e di quella per presunzioni>> (Cass. 6.5.96, n. 4167).
Nel contratto di agenzia la forma, essendo prevista da una fonte negoziale, doveva dunque ritenersi prescritta ad probationem.
Il principio della non necessarietà di una forma determinata ai fini della validità del contratto di agenzia era del resto un principio ricorrente anche nella giurisprudenza precedente, la quale confermava l’assenza, sia nella disciplina legale che in quella collettiva del contratto di agenzia, della previsione di una forma scritta ad substantiam per la valida costituzione del rapporto (così Cass. iv.Sez. Lav. 2.11.90, n. 11220).
Lo stato di cose non è mutato neppure a seguito dell’intervento del d.leg.vo 303/91, in recepimento della direttiva comunitaria, il quale ha inserito, dopo il 1° co. dell’art. 1742 c.c., una nuova disposizione, in forza della quale <<ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra una copia del contratto dalla stessa sottoscritto>>.
Per la verità il recepimento della norma comunitaria non teneva conto del fatto, incontroverso, che detta disposizione si riferiva chiaramente al solo caso in cui il documento scritto seguisse a precedenti accordi verbali intervenuti tra le parti – come confermato dal fatto che il documento così formato aveva una funzione “riproducente” il contratto – mentre la norma come risultante dal d.leg.vo 303/91 riguardava una ipotesi ben diversa e cioè quella in cui il contratto sia stato fatto per iscritto e una delle parti non ne abbia trattenuto una copia.
Al fine di risolvere le menzionate difformità che si erano venute a creare tra quanto previsto dal d.leg.vo 303/91 e l’art. 13 della direttiva comunitaria, il d.leg.vo. 65/99 ha poi sostituito il predetto comma 2 dell’art. 1742 c.c., stabilendo che il contratto deve essere provato per iscritto e che ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive e, infine, che tale diritto è irrinunciabile.
Il d.leg.vo 65/99 non ha quindi fatto altro che riprodurre sostanzialmente la precedente disposizione già contenuta nel precedente d.leg.vo 303/91, introducendo, peraltro, alcune significative disposizioni.
E’ quindi innanzitutto detto espressamente che la forma è richiesta unicamente ad probationem, il che significa che il contratto di agenzia è e resta un contratto a forma libera.
Precisazione, questa, del resto avvalorata anche dal fatto che raffrontando l’indicata norma e quella di cui all’art. 13, par. della citata direttiva, emerge indubitabilmente che il legislatore non si è avvalso della facoltà di prescrivere che la prova in forma scritta del contratto fosse condizione della validità dello stesso; da qui l’ovvia conseguenza che il contratto di agenzia possa essere validamente concluso anche attraverso un semplice accordo verbale.
In secondo luogo si estende il diritto di ciascuna parte ad ottenere un documento riproducente il contratto dalla stessa sottoscritto anche alle <<clausole aggiunte>>.
E a tale ultimo riguardo va osservato che, ancora prima dell’indicato intervento legislativo, per giurisprudenza costante il principio di libertà di forma doveva intendersi esteso anche agli eventuali patti successivamente aggiunti al contratto, spesso stipulati verbalmente per adattare l’originaria previsione contrattuale a mutate situazioni del mercato o per correggere errori di valutazione commessi nella redazione del contratto originario (Giordano, Iannelli, Santoro 1993, 145).
Da qui, dunque, la piena ammissibilità della dimostrazione di eventuali modifiche intervenute nel corso del rapporto di agenzia attraverso il ricorso alla prova testimoniale (Cass. Civ.Sez. Lav. Cass. 15.1.73, n. 126, GI, 1974, I, 1, 1573; Cass.Civ.Sez. Lav., 12.1.98, n. 196)
Secondo la regola generale di cui all’art. 1392 c.c., nel caso invece in cui all’agente sia conferito il potere rappresentativo di concludere i contratti in nome del preponente ai sensi dell’art. 1752 c.c., immutato rimane, l’obbligo di adottare, nella prediposizione della relativa procura, la stessa forma del contratto che il rappresentante deve concludere.
Così, qualora per il contratto che il rappresentante deve concludere sia richiesta la forma scritta ad probationem, la stessa forma dovrà essere adottata anche per la procura (così Trib.Roma 11.3.64,TR, 1965, 91).