Agenzia e commissione

La commissione presenta indubbie affinità con l’agenzia, conseguenti alla particolare funzione economica sottesa ad entrambi e che, originariamente, era propria della sola commissione.

L’art. 380 del Codice di commercio del 1882 stabiliva infatti che <<la commissione ha per oggetto la trattazione di affari commerciali per conto del committente ed a nome del commissionario>>.

Affinità che non equivalgono, però, ad un’assimilazione dell’agenzia alla commissione anche se quest’ultima (la quale costituisce l’antecedente storico giuridico del contratto di agenzia) originariamente rappresentava l’unico strumento che permettesse all’imprenditore di ottenere una distribuzione dei propri prodotti attraverso l’intervento di soggetti esterni alla impresa che, con la loro opera promozionale trattassero e concludessero gli affari in loco, per conto del committente.

Attività, queste, che, con il codice civile del ’42 sono poi rifluite nell’agenzia divenendo tipiche dell’agente di commercio e che, proprio in virtù di un loro recepimento dalla figura del precedente commissionario (nel frattempo modificato nei suoi elementi strutturali come emerge dall’ art. 1731 c.c.), hanno permesso il mantenimento di una sorta di legame tra agenzia e commissione, pur permanendo ciascuno dei menzionati contratti contraddistinto una propria identità giuridica.

E che una certa affinità tra i due istituti sussista ( e sia stata volutamente mantenuta dal legislatore) lo si rinviene, soprattutto, in relazione al rinvio, sia pure parziale, alle norme che regolano la commissione, contenuto nell’art. 1746, 2° comma, c.c., come anche nella previsione dello <<star del credere>>, introdotto dagli accordi economici collettivi e poi soppresso, perlomeno nei termini di cui alla menzionata disciplina collettiva, dalla l. 21.12.99, n. 526 (legge comunitaria ’99) modificativa dell’ art. 1746 c.c.

Ma il sostenere un’ affinità tra agenzia e commissione non equivale certamente, e lo si ripete, ad affermarne una loro identità.

Ognuno di tali contratti mantiene inalterata la propria funzione ed identità nel rispetto di quella che, al di là dei punti di contatto legislativamente previsti (v. art. 1746 c.c.), è la rigida suddivisione adottata dal legislatore.

Come si è detto per il mandato, ancora una volta profonda è, infatti, la differenza che corre tra tali contratti sotto il profilo della natura dell’attività esercitata.

Dall’esame dell’ art. 1742 c.c. e dell’ art. 1731 c.c. emerge infatti che, mentre l’agenzia ha per oggetto una cooperazione materiale, consistente nello svolgimento di un’attività preparatoria e agevolatrice, diretta a provocare un incontro tra chi offre e chi domanda beni, rendendosi così possibile, per il preponente, la conclusione di contratti, la commissione, quale sottospecie del mandato, ha invece per oggetto il compimento di atti giuridici, ossia, come precisa l’ art. 1731 c.c., <<l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario>>.

A differenza del commissionario l’agente, quindi, non conclude con i terzi contratti in nome proprio e per conto del preponente (e questo anche nell’ipotesi di agente dotato di poteri rappresentativi, in quanto i contratti vengono sempre conclusi in nome e per conto del preponente) ma svolge esclusivamente un’attività promozionale diretta a favorire la conclusione, in capo al preponente, del maggior numero di affari.

L’ attività dell’agente di commercio non si esaurisce quindi, come accade nella commissione (ma ancor prima, come si è visto, nel mandato), nel compimento di un singolo atto, ma presuppone la stabilità dell’incarico, la quale si risolve nella costante ricerca di clienti svolta in continua coordinazione con l’attività del preponente.

In ciò l’ulteriore differenza tra agenzia e commissione.

L’una costituisce un tipico contratto di durata che trova proprio nello svolgimento temporale la sua stessa essenza (tant’è vero, come detto, che la stabilità rappresenta un elemento essenziale nella struttura dell’agenzia), l’altra un contratto che non presuppone per sua stessa definizione una stabilità.